SINOSSI
Padre della patria repubblicana e antifascista, figura di assoluto rilievo nell’ambito del socialismo italiano del Novecento, Pertini è protagonista di una vicenda umana e politica che si articola lungo molteplici passaggi, dalla guerra all’opposizione al fascismo, al carcere, al confino, alla lotta partigiana, fino alla Presidenza della Repubblica italiana.
Questo podcast ci racconta, attraverso i ricordi della nipote Diomira e la sua stessa viva voce, una personalità di assoluto rigore ideologico, spessore morale e grande immediatezza, capace di tenere assieme il faro della testimonianza e della libertà, negli anni bui della dittatura, e l’iconica esultanza ai mondiali del 1982.
Si ringraziano la Rai Direzione Teche, Radio Radicale, ICBSA – Istituto Centrale Beni Sonori e Audiovisivi e ACCAS Film per aver gentilmente autorizzato il materiale audio storico inserito nell’episodio. Si ringrazia inoltre l’- Archivio Storico della Presidenza della Repubblica (ASPR), Collezione Gianni Bisiach, per le porzione Intervista a Sandro Pertini in Tribunale Speciale, parte I, mm.ss. 39.40 – 41.36 (progressivo incisione 009) e la porzione Intervista a Sandro Pertini in Tribunale Speciale, parte I, mm.ss. 43.20 – 44.09 (progressivo incisione 010).
BIOGRAFIA
Alessandro Pertini (Stella, Savona, 1896 – Roma 1990), personalità politica del socialismo italiano, antifascista, confinato politico e comandante partigiano, fu costituente, senatore (1948-53) e poi deputato dal 1953, presidente della Camera (1968-76) e della Repubblica italiana (1978-85).
Cresciuto in una famiglia benestante, negli anni giovanili Pertini si accostò al pensiero marxista e al socialismo. Allo scoppio della Prima guerra mondiale interruppe gli studi liceali e si arruolò. Nel 1919 ottenne la maturità classica per poi laurearsi in Giurisprudenza a Modena nel 1923 e l’anno successivo in Scienze sociali a Firenze.
Nel turbolento clima del primo dopoguerra, si avvicinò del Partito socialista unitario (PSU) di Turati, Treves e Matteotti, prendendone la tessera nel corso del 1924. Nel maggio 1925 fu arrestato una prima volta per distribuzione di stampa clandestina. Con la promulgazione delle “leggi fascistissime” e l’avvento della dittatura a viso aperto, fu raggiunto da un provvedimento di assegnazione al confino. Entrato in clandestinità, trovò protezione presso l’abitazione milanese di Carlo Rosselli e qui conobbe Turati, del cui clamoroso espatrio in Francia fu uno degli organizzatori e accompagnatori. Ciò gli valse la condanna in contumacia a dieci mesi di prigione.
Dopo l’espatrio visse di espedienti e di umili mestieri a Parigi e Nizza ma, insofferente alla vita da esule, nel marzo 1929 rientrò clandestinamente in patria sotto falsa identità, riprendendo l’attività politica. Appena un mese dopo, fu riconosciuto e deferito al Tribunale speciale per la sicurezza dello Stato, che lo condannò a oltre dieci anni di reclusione e a tre di sorveglianza. Iniziava così il suo itinerario carcerario e del confino, tra Turi – dove strinse amicizia con Antonio Gramsci –Pianosa, Ponza, isole Tremiti e Ventotene. Riacquisì la libertà solo nell’agosto 1943, a un mese dalla caduta del fascismo.
Con l’occupazione nazifascista seguita all’8 settembre 1943, Pertini diviene uno dei principali capi della Resistenza e del Comitato di liberazione nazionale, il CLN. Catturato e condannato a morte, riuscì a evadere nel gennaio 1944, riprendendo subito l’impegno politico e la lotta armata. Segretario del PSIUP fino al dicembre 1945, in seguito entrò nella direzione del partito e nel 1955 ne diviene vicesegretario. Eviterà però sempre di schierarsi o farsi coinvolgere nella dinamica delle correnti interne al partito. Nel giugno 1946 fu eletto all’Assemblea costituente e nello stesso anno sposò con rito civile una giovane staffetta partigiana: Carla Voltolina (1921-2005). Fu direttore de “l’Avanti!” nel 1946-47 e poi nel 1949-51, senatore nella prima legislatura (1948-53), e deputato dal 1953.
Con gli anni Sessanta, si fece sostenitore dei governi di centro-sinistra, che considerò un avanzamento per le classi lavoratrici. Nel 1968 fu eletto presidente della Camera dei deputati – lo fu fino al 1976 – nel corso di anni ricchi di dibattiti su temi di grande rilievo sociale e costituzionale, come il divorzio, lo statuto dei lavoratori, l’istituzione delle regioni e del referendum. Dallo scranno più alto della Camera denunciò inoltre i primi fenomeni degenerativi del sistema politico.
Nel 1978 fu eletto presidente della Repubblica con il sostegno di un largo schieramento parlamentare che escludeva la destra post-fascista. Fu il primo socialista a ricoprire questa carica, che lascerà nel 1985. Pertini impresse subito un nuovo stile, improntato a grande carisma e dinamismo, da un linguaggio semplice, chiaro, diretto e tratti brusco, dalla ricerca di un rapporto più diretto con i cittadini e l’opinione pubblica. Ciò contribuì a fare della Presidenza della Repubblica un punto di riferimento in anni complicati, costellati da crisi economiche, dalla lotta armata e dal susseguirsi di scandali.
Morirà a Roma nel 1990.
BIOGRAFIA
Io mi ricordo che quando poi è stato eletto Presidente della Repubblica io dopo un po’ di giorni sono andata a trovarlo a Roma e lui mi ha detto appunto “la zia Carla è contraria”, ma insomma lui mi sembrava contento. Ma la moglie gli era talmente contraria che quando Iovine, che era loro factotum è andato alla stazione a prenderla, non voleva essere riconosciuta per cui aveva messo degli occhialoni e poi non so che in testa. Insomma, Iovine che è andato a prenderla alla stazione non la riconosceva! Finiva un po’ la loro vita privata, praticamente, perché intanto lui poi alla sera andava a casa a dormire però non potevano più fare la vita di prima, andare al cinema, andare a un teatro, non c’era più la libertà da un certo punto di vista, e dopo lei ha fatto la sua vita e non è mai andata al Quirinale, lei mai, non ci ha mai messo piede.
Le figlie della Repubblica è un podcast promosso dalla fondazione Alcide De Gasperi che racconta le grandi figure della nostra Repubblica secondo un punto di vista più vicino, più familiare e più intimo, quello delle loro figlie. In questa puntata raccontiamo la storia di Sandro Pertini, il Presidente ormai diventato una figura mitica della nostra Repubblica, combattente della grande guerra, medaglia d’oro al Valor militare, antifascista, comandante partigiano, parlamentare socialista e membro della Costituente, Presidente della Camera e uomo capace di interpretare in senso dinamico, semplice e diretto il ruolo del Capo dello Stato. La raccontiamo grazie alla nipote di Diomira che fu adottata da Pertini e la moglie Carla Voltonina quando vennero a sapere che il padre di Diomira, il fratello di Pertini Eugenio, fu ucciso in un campo di concentramento. Alessandro Pertini detto Sandro nasce in provincia di Savona il 25 settembre 1896 in una famiglia benestante di quattro figli che avranno destini piuttosto diversi: Luigi, primogenito e scultore, Giuseppe che morì in giovane età dopo aver aderito al fascismo, Eugenio morto nel campo di concentramento nazista di Flossenburg, infine lo stesso Sandro e la sorella Maria Adelaide. Allo scoppio della prima guerra mondiale nel 1914 il giovane Pertini si è già avvicinato agli ideali del socialismo, vede la guerra come una carneficina voluta dai governi borghesi eppure decide di interrompere a soli vent’anni gli studi liceali e si arruola come mitragliere distinguendosi nei combattimenti. Quella degli studi è ad ogni modo una interruzione momentanea. Prende la maturità classica come privatista e inizia a studiare giurisprudenza prima a Genova e poi a Modena dove si laurea nel 1923. L’anno successivo è a Firenze, qui si laurea in scienze sociali con una tesi sul movimento Cooperativo, tema tipico del pensiero e della tradizione Socialista.
Perché erano molto religiosi in famiglia, lui era proprio la pecora nera con le sue idee, erano intanto molto cattolici poi non socialisti, assolutamente, il contrario, poi da giovane era stato anche presidente del mi pare che fosse l’associazione reduci di Stella, prima di entrare nel Partito Socialista. Poi lui diceva che era stato un suo professore che aveva avuto di filosofia che gli era stato molto di aiuto per prendere questa strada del socialismo.
Nel 1920 Pertini fa la prima esperienza politica come consigliere comunale a Stella, suo paese d’origine in provincia di Savona in una lista di ispirazione liberale Democratica e combattentista. Il suo riferimento rimane però il socialismo. Dopo la scissione di Livorno del 1921 e la creazione del Partito Comunista d’Italia di Togliatti Gramsci e Bordiga, si avvicina al partito socialista unitario di Turati, Treves e Matteotti che raccoglie le posizioni più riformiste e democratiche del socialismo italiano. In questa direzione spinge anche la frequentazione a Firenze di Gaetano Salvemini, Carlo e Nello Rosselli ed Ernesto Rossi. Dopo il delitto Matteotti del 1924 rompe gli indugi e prende la tessera del partito. Il fascismo tuttavia ha già preso il potere e si appresta a imporre la dittatura. Rientra in Liguria per lavorare come avvocato e giornalista e nel maggio 1925 viene arrestato una prima volta per distribuzione di stampa clandestina. Liberato a seguito di un’amnistia è bersaglio di continue violenze squadriste. Dopo la promulgazione delle leggi fascistissime che impongono un giro di vite a tutte le libertà, Pertini è condannato al confino per cinque anni. Entra così in clandestinità trovando protezione presso l’abitazione milanese di Carlo Rosselli. È qui che conosce Turati, con lui ed altri scappano in Francia nel 1926 grazie a una fuga clamorosa per la quale è condannato in contumacia a dieci mesi di prigione. In Francia si sposta tra Nizza e Parigi facendo i mestieri più disparati dal muratore al lavatore di taxi
Feci il lavatore di Taxi con Turati a Parigi. Mi accorsi a un certo momento, avevo portato come un po’ di denaro, ma poco, perché avevo troncato i ponti con la mia famiglia e allora quando mi accorsi che avevo pochi franchi francesi in tasca e andai da Morgari, un’anima pura, disse “c’è un garage dove vogliono assumere uno per lavare le macchine, la verde taxi, non c’è poi da imparare”.
Tuttavia Pertini non sopporta l’esilio, sente la vita dell’esule come inutile, come una vita che gira a vuoto, avrebbe detto, è convinto di dover fare qualcosa per il suo paese, così nel marzo 1929 rientra clandestinamente in Italia sotto falsa identità e si rimette in contatto con la rete clandestina antifascista in varie città del centro nord. Un mese dopo viene riconosciuto, catturato e condannato dal tribunale speciale per la difesa dello Stato a oltre 10 anni di reclusione e a 3 di sorveglianza. È il primo socialista a subire una condanna così esemplare mentre diversi esponenti comunisti più organizzati e più presenti nel paese sono già stati colpiti dalla repressione fascista. Inizia così il suo percorso carcerario: nel 1931 a Turi stringe amicizia con Antonio Gramsci, poi viene assegnato al sanatorio giudiziario di Pianosa in quanto le sue condizioni di salute peggiorano. È qui che Pertini riceve la notizia della domanda di grazia inoltrata da sua madre, iniziativa che deplora fermamente. Le scrive infatti: “Mamma, con quale animo hai potuto fare questo, non ho più pace da quando mi hanno comunicato che tu hai presentato domanda di grazia per me. Se tu potessi immaginare tutto il male che mi hai fatto ti pentiresti amaramente di aver scritto una simile domanda. Devo frenare lo sdegno del mio animo perché sei mia madre e questo non debbo mai dimenticarlo. Dimmi Mamma perché hai voluto offendere la mia fede, lo sai bene che è tutto per me questa mia fede che ho sempre amato tanto”.
La nonna ha avuto tanto dispiacere di questa di questa vita, di questo figlio. Insomma ne soffriva molto e quindi anche dal carcere si scrivevano, lei aveva chiesto la grazia a Mussolini e lui l’ha rifiutata e si è arrabbiato con la mamma perché aveva chiesto la grazia . Perché lui era molto malato ed era pericoloso e anche gli amici li avevano e avevano detto alla nonna “scrivi e fai una lettera”.
Pertini si rifiuterà sempre di considerare questo suo rigore come eroismo, per lui eroismo era ben altro come avrebbe spiegato anni dopo.
“Io vorrei, se permette, ricordare che non sono il solo che ha compiuto questo gesto di rifiutare la domande, lasciamo stare gli attributi degli eroi, che sanno di retorico. Io ero in cella con un contadino dell’Emilia, Neri, lo ricordo sempre come un pezzo di ragazzo. Un giorno viene chiamato in direzione per incontrarsi con la moglie, dopo un’ora lo vedo tornare in cella, pallido, tremava, gli chiedo cosa fosse successo e mi dice “è venuta Irma a trovarmi, mia moglie, e mi ha detto che se io faccio domanda di grazia vengo subito scarcerato, che il podestà del paese si è impegnato a trovarmi un lavoro e che così lei può sfamare i figli perché sono alla fame abbandonati da tutti”. Io lo guardo, questo giovane pallido in volto, intuendo il dramma che si svolgeva nel suo animo e gli dico io “e tu che cosa pensi di fare” quello dice quasi per lottare contro se stesso mi disse in modo quasi rabbioso “cosa crede che io faccio domanda di Grazia? No dice io non voglio tradire il mio paese, il mio partito nella mia fede, no non la faccio la domanda di Grazia” poi si mise a letto preso da un singhiozzo convulso. Mia madre stava bene economicamente, era soltanto il dolore di sapermi in carcere. No, lui aveva rifiutato la domanda, rifiutava la domanda di grazia pur sapendo che la moglie e figli erano alla fame. Questo è veramente eroismo. Non il mio ma invece, questi qua erano anche analfabeti, insegnai io a leggere e a scrivere. C’erano degli operai e dei contadini che rifiutavano la domanda di grazia e questo è veramente da ricordare, che torna ad onore a questi miei compagni di galera che Io ricordo con tanto affetto e ammirazione.
A Pianosa rimane fino al 1935 quando poi viene inviato al confino a Ponza e alle isole Tremiti. Dopo aver minacciato lo sciopero della fame Pertini viene infine trasferito a Ventotene, riconquista la libertà solo nell’agosto del 1943, a un mese dalla caduta del Fascismo. Dopo l’8 settembre del 1943 e l’occupazione nazifascista, Pertini diviene uno dei principali esponenti della Resistenza e del comitato di Liberazione Nazionale, il CLN, combatte a Porta San Paolo per la difesa di Roma dai nazisti, si impegna nella rifondazione del Partito Socialista italiano di Unità Proletaria il cosiddetto PSIUP, è nella costituzione di un comando militare congiunto tra socialisti comunisti e azionisti. Catturato e condannato a morte riesce a evadere nel gennaio del 1944 riprendendo l’impegno politico e la lotta armata. A maggio diviene segretario del PSIUP mentre presiede l’organizzazione delle operazioni militari in Italia settentrionale. Con il supporto degli alleati e della Resistenza francese raggiunge Milano attraverso le Alpi e lancia l’insurrezione generale del 25 Aprile 1945, con la giunta rivoluzionaria del CLN il testo del proclama dal titolo “arrendersi o perire” è letto dallo stesso Pertini alla radio:
“Cittadini, lavoratori, lavoratrici: sciopero generale contro l’occupazione tedesca, contro la guerra fascista per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine come a Genova e a Torino, ponete i tedeschi di fronte al dilemma arrendersi o perire”.
Ma proprio mentre Pertini inneggia alla libertà del popolo italiano, suo fratello Eugenio che era stato arrestato dai tedeschi viene ucciso nel campo di concentramento di Flossenburg. Ma sentiamo dalla stessa voce di Pertini come ha vissuto quello che chiamò il pellegrinaggio, il viaggio per visitare i luoghi dove il fratello visse i suoi ultimi giorni.
“Io sono andato in pellegrinaggio al campo di Flossenburg dove un mio fratello Eugenio è stata ammazzato crudelmente, il 25 aprile del 1945”
Lo zio Sandro era andato a Flossenburg a visitare il campo di concentramento dove era morto mio papà e lì c’erano ex deportati di Torino che gli hanno spiegato come era la vita nel campo e cosa facevano questi deportati e tutto. E lui mi ha scritto, mi ha mandato due dei fiorellini che aveva raccolto sulla cassa comune perché si pensa che mio papà sia finito nella cassa comune, perché è morto durante la marcia della morte quando li portavano fuori e mi ha scritto “se vuoi andare anche tu mettiti d’accordo con quelli di Torino” e mi ha dato due nominativi, Tibaldi e Mongarli che poi sono diventati amici, proprio per tutta la vita, ancora adesso siamo in contatto coi figli. Continuavano in macchina a volte dirmi “sai che ci sono tanti ex deportati che sono bisognosi che stanno mal”e finché un giorno mi dice “vorremmo andare al Quirinale a trovare tanto per avere il piacere di stringergli la mano di salutarlo e viene anche tu”. Va bene dico, vengo anch’io allora. Loro in treno in quattro o cinque da Torino, io da Verona. Ci siamo trovati alla stazione e siamo andati alle 10-10:30, doveva riceverci al Quirinale e quando sono stati dentro hanno portato un quadretto, un quadro con velluto rosso sotto e sopra un pezzo di filo spinato che avevano raccolto a Flossenburg.
Nel 1953 Pertini sarà insignito della medaglia d’oro al Valor militare per meriti Partigiani. Nel secondo dopoguerra Pertini è ormai tra i padri nobili del socialismo italiano è proprio questo suo profilo lo spinge a evitare di schierarsi o farsi coinvolgere nella lotta tra le correnti interne al partito. Nel giugno 1946 viene eletto all’assemblea Costituente e nello stesso anno sposa con rito civile una giovane staffetta partigiana, Carla Voltolina che lo accompagnerà per il resto della vita e lungo tutto il percorso politico, come deputato, Presidente della Camera e Presidente della Repubblica. Anche qui abbiamo una testimonianza di come era la moglie di Pertini, Carla Voltolina, una giornalista e partigiana che si specializza in psicologia per lavorare presso il Policlinico Gemelli e che odia profondamente il palcoscenico pubblico. Una persona schietta come il marito che non bada alle formalità
Zia Carla con me è stata molto buona, mi ha fatto anche lei da mamma, insomma lei era giovane perché quando aveva sui 26 quando io sono entrata nella loro famiglia ma si è sempre interessata mi viene da trovare in collegio e poi nelle vacanze andavo sempre con sua mamma in montagna al mare. Ho partecipato molto nella vita della famiglia della zia Carla, lei era molto intelligente, preparata, e tutta la vita fuori al lavoro, alle sue attività Insomma. Era pratica anche nel vestire. Loro prima abitavano in Lungo Tevere Flaminio in affitto in un appartamentino piccolo in cima e dopo in cooperativa con i deputati in Viale Cristoforo Colombo nella Cooperativa dei Deputati c’era Nenni, c’era la Malfa. So che ci avevano un cagnetto Ricky a cui erano affezionatissimi. Lo zio Sandro andava matto perché arrivava a casa e questo cagnetto che gli faceva le feste tanto che quando è morto dopo il portinaio glie’ha seppellito nella aiuola davanti a casa senza che nessuno lo sapesse mi si in terra lì!
Negli anni della guerra fredda e dello scontro tra la Democrazia Cristiana e il fronte Popolare composto da socialisti e comunisti Pertini sostiene un’idea di unità nella quale però il PSI deve mantenere una sua spiccata autonomia dal PC. È fautore della pace e della distensione tra i blocchi. Si oppone al piano Marshall e al Patto Atlantico, così come qualche anno dopo condannerà l’intervento sovietico in Ungheria. Con gli anni sessanta e la formazione dei governi di centro-sinistra che Pertini considera una conquista per le classi lavoratrici, queste sue convinzioni subiscono un’ulteriore evoluzione: atlantismo ed europeismo diventano ora per lui due capisaldi della stabilità, delle relazioni internazionali. Dal 1968 al 1976 è presidente della Camera dei Deputati durante anni ricchi di dibattiti su temi di grande rilievo sociale e costituzionale, come il divorzio, lo Statuto dei lavoratori, l’istituzione delle regioni e dei referendum. Dallo scranno più alto della camera denuncia inoltre i fenomeni degenerativi del sistema politico. Nel 1978 è eletto Presidente della Repubblica con il sostegno di un largo schieramento parlamentare che esclude la destra postfascista. È il primo socialista a ricoprire questa carica e la interpreta in un modo che è entrato nell’immaginario politico italiano.
Giuro di essere fedele alla Repubblica e di osservare lealmente la Costituzione. Onorevoli senatori, deputati, signori delegati regionali nella mia tormentata vita mi sono trovato più volte di fronte a situazioni difficili e le ho sempre affrontate con l’anima serena perché sapevo che sarei stato solo io a pagare, solo con la mia fede politica e con la mia coscienza. Adesso invece so che le conseguenze di ogni mio atto si rifletteranno sullo stato e sulla nazione intera da qui il mio doveroso proposito di osservare realmente e scrupolosamente il giuramento di fedeltà alla Costituzione pronunciando dinanzi a voi rappresentanti del popolo sovrano”.
Il suo stile semplice, spesso brusco, che cerca un rapporto più diretto con i cittadini e l’opinione pubblica. Per questa sua attitudine la presenza della Repubblica diventa un punto di riferimento in anni complicati costellati da crisi economiche, dalla lotta armata e dal susseguirsi di scandali. Ci sono almeno tre episodi che rimangono nella memoria collettiva del nostro paese: nel novembre del 1980 dopo il terremoto in Irpinia in un messaggio alla nazione si scaglia contro i pubblici poteri per l’inefficienza dei soccorsi.
Cittadini superstiti di un paese mi hanno avvicinato, mi hanno detto “vedi i soldati e i carabinieri che si stanno prodigando regolarmente per aiutarci oggi ci hanno dato le loro razioni di viveri perché noi non abbiamo di che mangiare” , non erano arrivati a quelle popolazioni viveri. Quindi questi soccorsi questi centri di soccorso immediati se sono stati fatti, ripeto, non hanno funzionato e sono state delle mancanze gravi non vi è dubbio e quindi chi ha mancato deve essere colpito come è stato colpito il prefetto di Avellino che è stato rimosso giustamente dalla sua carica.
Nell’estate del 1981 partecipa con sofferenza alla diretta televisiva nel drammatico caso di Alfredino Rampi, un bimbo precipitato e poi morto in un pozzo della campagna romana. Infine in occasione dei mondiali di calcio in Spagna del 1982 il suo tifo e la incontenibile esultanza per la vittoria dell’Italia rompe ogni vincolo di protocollo e rimarrà nella memoria collettiva degli italiani. Si spegne a 93 anni nel 1990 chiedendo di non celebrare esequie pubbliche. La salma è cremata al cimitero di Prima Porta e le ceneri tumulate nella tomba di famiglia presso il camposanto del suo paese natale Stella San Giovanni in provincia di Savona.
Quando è venuta a mancare io ero in montagna nelle Dolomiti e abbiamo preso le notizie e siamo partiti, siamo andati con mio marito, siamo andati a Stella lì al paese perché non hanno fatto nessun funerale e hanno fatto la cremazione e la moglie ha portato questa urna, è arrivata a Stella con questa urna con le cenere e ci siamo riuniti lì un po’ di conoscenti di parenti e lo abbiamo portato al cimitero.
Per completare il ritratto di un uomo così particolare bisogna raccontare le altre grandi passioni di Pertini. Oltre alla politica infatti Pertini aveva due grandissime passioni: l’arte e la montagna. Lo zio mi era molto appassionato di arte anche gli hanno regalato tanti quadri di valore, era amico di Morandi per esempio, aveva quadri di Morandi, in casa era tutta una tappezzeria di quadri, non c’era angolo vuoto e dopo che è morto la moglie ha donato molti di questi quadri a Savona, hanno fatto un museo dove ci sono tutti questi quadri e c’è un busto anche della zia Carla di bronzo. Sa che lui andava sempre a Selva di Val Gardena. Io sono andata anche a trovarlo, andava all’hotel Italia che era proprio in centro e poi quando è diventato presidente della Repubblica andava dai carabinieri, era ospite là dei Carabinieri, lo portavano, lui camminava tantissimo e andava ai rifugi partiva la mattina tornava alle 5, ultimamente lo portavano con la jeep andava ai rifugi poi camminava, a lui piaceva molto.
Ci sono state tante definizioni di Sandro Pertini: il presidente ribelle, il presidente della larghe maggioranze, il presidente tifoso della nazionale, il presidente più Amato. è stato certamente una figura che ha cambiato il modo di condurre la più alta carica dello Stato portando dentro il ruolo tutto quello che ha vissuto e anche il modo con cui lo ha vissuto soprattutto la passione per la giustizia sociale, per la vita del popolo e per la libertà. Come scrisse Indro Montanelli “non è necessario essere socialisti per amare e stimare Sandro Pertini qualunque cosa e gli dico faccia odora di pulizia di lealtà e di sincerità”.
Le figlie della Repubblica Repubblica è una delle iniziative che trovate su fondazionedegasperi.org, grazie al contributo di Fondazione Cariplo e al sostegno dell ‘Istituto Gentili, nata da un ‘idea di Martina Baccigalupi e realizzata da Whip Italia. È stato raccontato da me, Alessandro Banfi, ed è stato scritto e diretto da Emmanuel Exitu. Con la Supervisione Storica di Antonio Bonatesta è la collaborazione degli amici giovani della Fondazione de Gasperi nelle persone di Martina Bartocci, Jacopo Bulgarini, Miriana Fazzi, Federico Andrea Perinetti, Gaia Proietti, Luca Rosati, presa diretta e sound design di Valeria Cocuzza, registrazione in studio di Marco Gandolfo, per una produzione Whip Italia.