SINOSSI
L’Irpinia profonda, la militanza nella sinistra democristiana, le responsabilità di governo e la guida della Democrazia cristiana nella difficile navigazione degli anni Ottanta, che preludono alla dissoluzione della “Repubblica dei partiti”, sono gli snodi salienti del percorso politico di Ciriaco De Mita.
Questo podcast ci racconta, attraverso l’accorato ricordo della figlia Antonia, la storia del padre, di un’autentica passione per la politica e per l’impegno civile protrattasi fino agli ultimi anni di vita.
BIOGRAFIA
Luigi Ciriaco De Mita (Nusco, 2 febbraio 1928 – Avellino, 26 maggio 2022).
Esponente politico democristiano, fu più volte deputato e ministro, raggiungendo l’apice del suo percorso politico nel corso degli anni Ottanta, quando fu eletto segretario del partito (1982-89) e nominato presidente del Consiglio dei ministri (1988-89).
Nato nel febbraio 1928 a Nusco, comune montano della provincia di Avellino da famiglia piuttosto umile, compì i primi studi da privatista per poi conseguire la maturità classica con ottimi voti. Una borsa di studio gli consentì di frequentare l’Università cattolica del Sacro Cuore di Milano, dove si laureò in Giurisprudenza. Le prime esperienze lavorative, presso l’ufficio legale dell’Eni di Enrico Mattei, lo avvicinarono alla corrente della sinistra democristiana della “Base” guidata da Giovanni Marcora, mettendolo in contatto con l’entourage di Fiorentino Sullo, anch’egli irpino, tra i più influenti leader di quella corrente. Incontrò così Anna Maria Scarinzi, segretaria di Sullo, che avrebbe sposato nel 1958 e da cui avrebbe avuto quattro figli: Antonia, Simona, Giuseppe e Floriana.
Nel 1956 fu eletto giovanissimo, a soli 28 anni, consigliere nazionale della Dc in occasione del congresso di Trento e, nel decennio successivo riuscì progressivamente a sostituirsi a Sullo nella guida della sinistra democristiana irpina. Nel 1963 fu eletto per la prima volta deputato e nel 1968 entrò a far parte del governo Rumor come sottosegretario all’Interno. Nel 1969-73 fu vicesegretario della Dc, quindi più volte ministro nel corso degli anni Settanta: dell’Industria nel quarto e quinto governo Rumor (1973-74); del Commercio con l’Estero nel quarto e quinto governo Moro (1974-76); del Mezzogiorno nel terzo e quarto governo Andreotti, negli anni della “solidarietà nazionale” (1976-79).
Nel maggio 1982, in una fase di grande difficoltà per la Dc, scossa da scandali, da un declino del consenso elettorale e dalla perdita del controllo della presidenza del Consiglio, fu eletto segretario nazionale. Restò in carica per sette anni e ripetutamente confermato fino al congresso nazionale del 1989: la sua segreteria fu la più lunga della storia della Dc, superando anche quella di Alcide De Gasperi. La sua linea puntava a un rinnovamento del partito basato sul processo di moralizzazione, di svecchiamento dei quadri e di condanna della dinamica correntizia.
Nell’aprile 1988, De Mita giunse alla presidenza del Consiglio dei ministri, trovandosi a gestire l’ostilità del Psi di Craxi e di consistenti settori interni del suo stesso partito, contrati questi ultimi al suo doppio ruolo di segretario e capo del governo. Così, alla fine degli anni Ottanta, un accordo tra Craxi, Andreotti e Forlani – il cosiddetto “Caf” – portò dapprima Forlani alla segreteria della Dc e quindi alla crisi del governo De Mita, costretto a dimettersi e a cedere il passo ad Andreotti.
Allo scioglimento della Dc, nel 1994, non interruppe il suo impegno politico. Contribuì alla ricostituzione del Partito popolare italiano (1994-2002) e della Margherita (2002-07), fu eletto per due volte eurodeputato (1999-2004, 2009-2014). Nel 2007-08 partecipò alla fondazione del Partito democratico ma se ne allontanò subito, aderendo all’Unione di Centro (2008-17).
TRASCRIZIONE PODCAST
Papà è stato definito ”un animale politico”, si potrebbe pensare che sia quasi offensivo. Io trovo invece che sia una definizione perfetta. Mi ricordo una sola volta da piccolissima a Roma, in quegli anni inizio a percepire che papà c’era poco in casa. Però durante il giorno, io, vedendo la vita degli altri compagni di scuola, a un certo punto gli dico “Papà, basta! Basta con questa politica! Basta, che cos’è la politica?” E papà incredibilmente, poi nei miei confronti aveva un amore assoluto, mi redarguisce e mi dice “Antonia, tutto è politica, perché mi fai questa domanda? Tutto è politica. Quindi mi dispiace che ogni tanto non ci sono, ma anche io e te che stiamo parlando in questo momento stiamo facendo politica, poi lo capirai col tempo”.
L’animale politico che raccontiamo è Ciriaco De Mita, più volte deputato e ministro della democrazia cristiana, che raggiunge l ‘apice del percorso politico negli anni 80, quando viene eletto segretario nazionale del partito fra il 1982 e il 1989, e nominato Presidente del Consiglio dei Ministri nel 1988 e 1989. Quando viene eletto segretario nazionale del partito è nominato Presidente del Consiglio dei Ministri. “Le figlie della Repubblica” è un podcast promosso dalla Fondazione Alcide de Gasperi, che racconta le grandi figure della nostra Repubblica. Da un punto di vista più intimo e familiare, quello delle loro figlie. In questa puntata Ciriaco De Mita viene raccontato dalla sua primogenita Antonia.
“Essere figlia di!, di solito, è una cosa da cui bisogna difendersi. È una diminutio, quando ti dicono “sei la figlia di”. E io dico “no, io non sono la figlia di. Io sono la prima figlia di Ciriaco De Mita” ed è qualcosa che mi ha ovviamente segnato. Mio padre parlava di politica già quando aveva 8 o 10 anni, anche perché mio nonno, anche se faceva il sarto del suo paese, comunque poi è stato Sindaco, è stato il capo della sezione della DC. Paesini piccoli dell’entroterra campano. Infatti lui mi diceva sempre “Antonia, leggi ”Cristo si è affermato ad Eboli”, ero una bambina, dicevo “papà, magari tra un po’”.
Il motivo di questo consiglio di lettura lo capiamo guardando al suo paese natale, Nusco, un piccolo comune di montagna nell’entroterra campano in provincia di Avellino. Luigi Ciriaco nasce nel febbraio 1928 da famiglia umile. Il padre Giuseppe svolge diverse mansioni, tra cui quella di sarto e porta lettere, la madre Antonia è casalinga. Compie i primi studi da privatista per poi conseguire la maturità classica con ottimi voti.
Praticamente nasce nell’entroterra campano, dove le scuole c’erano a stento. Cioè, lui riesce a fare, credo, elementari e medie, già il liceo non c’era, quindi ha una formazione privata con un prete, Don Giuseppe Passaro. Finito il liceo, mio nonno vuole che lui lavori, perché sono tanti figli, 11 figli. Don Giuseppe Passaro si ribella, ma il Paese si ribella! Vanno da mio nonno e dicono “Peppino, se tu non fai studiare Ciriaco, è un peccato mortale, lo devi far studiare”. E mio nonno dice “Proviamoci, vediamo che succede”. Mio padre vince una borsa di studio e da Nusco, un paesino di pochissime anime a 914 metri in Alta Irpina, va a Milano, va a Milano col cappotto rivoltato, che gli rivolta il padre.
La borsa di studio che ottiene presso il Collegio Augustinianum, fondato da Agostino Gemelli negli anni 30, per avviare i giovani bisognosi e meritevoli agli studi universitari, gli consente di frequentare giurisprudenza presso l’università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Nel corso degli studi universitari stringe importanti legami per il suo futuro percorso politico e umano, una profonda amicizia lo lega a Riccardo Misasi, mentre Mario Giavazzi e Filippo Franceschi, rispettivamente direttore e vicedirettore dell Augustinianum, rappresenteranno per De Mita dei costanti riferimenti spirituali.
E da lì credo che la mente di De Mita ha uno scossone e ha la fortuna di andare alla Cattolica di Milano, dove incontra ovviamente il gotha dei professori dell’epoca e con una serie di ragazzi che venivano dal Sud con le borse di studio. Poi, siccome non potevano comprarsi tutti i libri, se ne scambiavano tra di loro e a fine anno comunque tutti avevano letto intorno ai 150 libri, ma parliamo dei libri di formazione storica, politica, giuridica.
Quando esce dall’università cattolica, la politica praticamente lo risucchia perché tutti capiscono che è una risorsa. La sua prima esperienza lavorativa, come consulente, presso l’ufficio legale dell’’ENI di Enrico Mattei, lo avvicina alla corrente della sinistra democristiana, denominata ”La Base”, mettendolo in contatto con l’entourage di Fiorentino Sullo, anch’egli irpino, tra i più influenti leader di quella corrente, incontra così Anna Maria Scarinzi, segretaria di Sullo, che sposa nel 1958 e da cui avrà quattro figli, Antonia, Simona, Giuseppe e Floriana. Nel 1956, a soli 28 anni, De Mita viene eletto Consigliere Nazionale della DC e tra la fine degli anni ’50 e la prima metà degli anni ’60, riesce ad arrivare alla guida della Sinistra Democristiana Irpina. Alle elezioni politiche del 1963 viene eletto per la prima volta alla Camera dei deputati e cinque anni più tardi entra nel governo Rumor, come sottosegretario agli Interni, in un momento delicato per gli equilibri sociali e politici del Paese, scosso dai movimenti collettivi dalla crisi del centro sinistra e dal passaggio di Aldo Moro all’opposizione interna nella DC. In questo contesto, De Mita stringe con un altro giovane dirigente democristiano, Arnaldo Forlani, il cosiddetto ”patto di San Ginesio”, un accordo che porta alle più alte cariche del partito la generazione dei quarantenni. Per quattro anni Forlani e De Mita saranno rispettivamente segretario e vice segretario della DC.
“Papà non parlava mai di ruoli. È un credo, cioè è un fatto caratteriale. Lui aveva anche un difetto di pronuncia molto forte, dicevano che era un accento meridionale. In realtà nessuno parla così al sud, solo papà. E tutti, ovviamente, diventando sempre più importante staff, onorevole, ministro. Presidente, “lei deve fare dizione”. E Papà diceva “Perché? Non mi interessa proprio”. Cioè, andate via, fa niente, non gli interessava niente. Papa era tutto cervello e quello che voleva fare, cioè contribuire allo sviluppo di questo Paese, ha come obiettivo il mantenimento del sistema democratico.
Nel ’73 quando con il cosiddetto accordo di ”palazzo Giustiniani”, Moro e Fanfani ristabiliscono il potere delle leve più anziane, De Mita viene allontanato dalla segreteria. Si aprono così le porte del governo e per il resto degli anni ’70 ricopre diversi incarichi ministeriali, prima all’industria, poi al commercio con l’estero, e infine tra il ’76 e il ’79 al mezzogiorno, nel terzo e quarto governo Andreotti. Sono gli esecutivi di solidarietà nazionale del dialogo tra la democrazia cristiana e il partito comunista, una fase politica che viene presto travolta dal rapimento e dall’assassinio di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse.
Io ero a scuola e a un certo punto si sente un boato dentro la scuola, si sbattono le porta, urla, “La De Mita fuori” dicono, arrivano, non mi ricordo se la polizia o i carabinieri mi portano a casa e mi chiudono. Papà aveva un rapporto con Moro incredibile, appunto lo stimava profondamente, c’era anche un rapporto affettivo, c’era anche, secondo me, lo stesso progetto politico. Poi il periodo in cui lo vedevamo poco, perché loro si chiudevano in questi conclavi, perché oggettivamente la linea della fermezza, della DC, che Papà viveva con un dolore infinito perché chiaramente la linea della fermezza, cosa avrebbe portato? Papà era disperato e diceva “ma io chi sono per poter decidere se quest ‘uomo deve vivere o meno?”. Cioè, peraltro, l’adorava. Quindi mi ricordo, papà veramente sconvolto per noi è stata una botta micidiale. Veramente ho visto un padre inerme e impotente, dilaniato. Poi vedere quella foto con lui lì dentro, peraltro fu trovato un brigatista rosso sotto casa mia che mise la lettera, perché nel mio palazzo abitava anche Riccardo Misasi che era credo ministro dell’Istruzione. E a un certo punto noi eravamo comunque monitorati, perché comunque continuavamo ad andare a scuola e tutto quanto. E a un certo punto alla fermata del bus che io a volte iniziavo a prendere, perché era una sorta di premio di emancipazione di papà, e il percorso del 94 viene fatto da questo brigatista rosso che viene preso sotto casa mia e noi troviamo nella cassetta delle poste. In queste foto, c’è tutta la mia famiglia, soprattutto noi ragazzi, c ‘era una croce nera sopra. Ora questa cosa che sia stata fatta dal brigatista o da qualcun altro, io non l ‘ho mai saputa realmente. Certo ci ha fatto effetto.
L’inizio degli anni ’80 rappresenta un momento di grande difficoltà per la DC, scossa dagli scandali e da un declino del consenso elettorale. A ciò si aggiungono le polemiche sui soccorsi e sulla ricostruzione, dopo il terremoto che alla fine del 1980 aveva colpito proprio l’Irpinia di De Mita, nella quale vi era stato un ingente afflusso di finanziamenti pubblici necessari. alla ricostruzione del post terremoto. Così per la prima volta nella sfera della Repubblica, il partito perde la presidenza del Consiglio, che andrà prima al repubblicano Spadolini e poi al socialista Craxi. È in questo contesto complicato che nel maggio 1982 De Mita viene eletto segretario nazionale della DC, con un ampio sostegno interno e con l’ambizione di innescare un nuovo corso. Resterà in carica per 7 anni, ripetutamente confermato, sino al Congresso nazionale dell’89. La sua segreteria sarà la più lunga della storia della DC, superando anche quella di Alcide de Gasperi.
E lì c ‘è l’apoteosi assoluta, perché poi fa il segretario per 7 anni e si confronta con persone appunto come Andreotti, Craxi, Fanfani, personalità immense e di fronte aveva persone come Craxi che secondo me lui ha combattuto ma è stato, ripensandoci dopo, ha detto “che fortuna”. Cioè secondo me lo avrebbe voluto, dopo, Craxi, per avercelo dentro casa e parlarci quando Craxi non c’era più.
De Mita punta su un rinnovamento del partito basato sulla moralizzazione, sullo svecchiamento dei quadri dirigenti e sulla condanna delle correnti, intese sempre più come spartizione del potere. Tenta anche di aprire matrici, culturali e ideologiche differenti da quelle cattoliche tradizionali. L’attenzione al mondo della televisione privata e alle nuove forme di comunicazione è sotto questo aspetto un elemento significativo. De Mita sente la necessità di combattere l’antipolitica e il populismo crescenti nella società italiana, favoriti dal declino dei partiti e dalla scarsa moralità della politica. Un dentista deve curare il mal di denti, ripete in quegli anni, non gridare per solidarietà quando il paziente ha dolore. Per affrontare queste sfide il segretario si circonda di prestigiosi collaboratori, nomina Romano Prodi come consigliere economico e poi come presidente dell’IRI, l’ente che controlla l’industria di Stato. Chiama Roberto Ruffilli, un giovane ma autorevole professore, poi assassinato dalle Brigate Rosse nel 1988, a elaborare le linee di fondo di quelle riforme istituzionali, avvertite ormai come necessarie. Soprattutto a seguito dell’omicidio del Presidente della Regione Sicilia, Piersanti Mattarella, decide di commissariare la DC siciliana, nominandovi a capo il fratello Sergio Mattarella, che milita nelle file della Sinistra Democristiana. De Mita ha un ruolo fondamentale nelle elezioni di Francesco Cossiga alla Presidenza della Repubblica nel 1985.
Quando diventa segretario del partito sicuramente è stato felicissimo di fare il segretario della Democrazia Cristiana. Infatti ricordo la gioia immensa di quando è accaduto. Ha tentato di eliminare le famose correnti, non c ‘è riuscito. Papà per cambiare le cose prima di tutto si circonda di persone di altissimo livello, di spessore. C’è la presenza di queste persone e l’umanità. Quindi io non ero in grado di capire la capacità e la volontà effettiva di ciò che loro volessero riformare in quel momento. Però ricordo delle persone che dialogavano su dei progetti di estrema concretezza. Ecco, Ruffilli stava sempre a casa mia e a un certo punto ci dicono ‘Ruffilli è stato ammazzato’ e si parlava di riforme? Moro è stato ammazzato e si parlava di compromesso storico. La vita non può essere fatta da una vita di successo, l’eldorado non esiste. La politica è anche guerra e quindi soprattutto la frase di papà diceva “la politica non è desiderio. Metteteci la responsabilità, non è che fate l’elenco, perché l’elenco appunto lo fanno cittadini, mancano le strade, le scuole non funzionano, gli ospedali non funzionano, le infrastrutture, cioè tutte queste belle cose le possiamo dire tutte. Tu fai il medico, non fai l’ammalato, entra nel merito e dici scuola, come lo risolvi il problema?”.
Gli anni ’80 sono anni difficili, la ricetta di risanamento morale e di ricostruzione ideologica della DC proposta da De Mita comincia a dare i suoi frutti solo a metà del decennio, facendo segnare una ripresa del consenso. Al contempo cresce la conflittualità con Craxi, che dall ’83 all ’87 è a capo del governo, con il leader socialista De Mita aveva stipulato il cosiddetto “patto della staffetta”. Craxi avrebbe ottenuto per primo la guida del governo per poi cederla a De Mita. Ma la presidenza Craxi si protrae fino all ’87 e solo nell ’88 dopo i brevi esecutivi di Fanfani e Goria, De Mita aggiunge alla presidenza del Consiglio.
Ai difficili rapporti con i socialisti si aggiunge così l’inquietudine di una parte consistente della DC, ostile al doppio ruolo di De Mita come segretario e capo del governo. Un accordo tra i suoi principali rivali, Craxi, Andreotti e Forlani, cosiddetto CAF, porta nel corso dell ’89 alla fine, sia della segreteria che del governo De Mita. Il leader irpino avrà tuttavia la presidenza del Partito partito, incarico che mantiene fino all’ottobre del ’92. Inoltre verrà eletto alla guida della Commissione bicamerale delle riforme, dove tenterà di portare avanti proprio il progetto di Ruffilli, il suo uomo delle riforme.
Papà in realtà dice che negli anni ’80 si ferma la crescita italiana da un punto di vista politico, i protagonisti storici del dibattito politico sono lui e Bettino Craxi. La cosa incredibile è che loro si combattono come dei titani, fondamentalmente, mi permetto di dire, chiedendo scusa sia a Bobo che a Stefania, che mio padre è stato forse un po’ più leale di Bettino, perché con la sua ingenuità io non avrei mai proposto il patto della staffetta a Bettino Craxi, perché non c’ho scritto “Jo Condor”. Con questo non voglio dire che mio padre fosse Jo Condor, ma era abituato forse a un tipo di parola d’onore che tra i vecchi democristiani comunque c’era. Quindi io penso che lui vede in Craxi se stesso e ci crede e quindi la botta la prende quando lui capisce che questo non se ne interessa e va avanti, ma è riconosciuta a Craxi uno delle caratteristiche che devono avere politici, la spregiudicatezza. Poi io mi ricordo, ecco se volete un ricordo personale, quando io ero nel salotto, forse non avevo neanche 18 anni, però mi ricordo avevo un paio di pantaloni grigi e una camicetta a un certo punto io stavo nel salone, sento l’aria che si sposta, mi giro e vedo questo omone con questa faccia, cioè un laser, io mi sento scannerizzata, ”buonasera suo papà?” “Aspetti che lo chiamo”, e hanno fatto colazione insieme, poi si sono massacrati fondamentalmente, massacrati politicamente.
Negli anni ’90, con la fine della DC e l’avvento della cosiddetta “Seconda Repubblica”, De Mita aderisce al PPI, continua a impegnarsi sul fronte delle riforme istituzionali e sostiene la coalizione di Centro Sinistra dell’Ulivo, guidata dal suo ex collaboratore Romano Prodi. I rapporti con le diverse anime del Centrosinistra non sono sempre lineari, ma ciò non gli impedisce di essere rieletto in Parlamento nel 2001 e nel 2006. Nel 2009, infine, passa al Parlamento Europeo. Insomma, un’attività frenetica dove la politica sembra prendersi tutti gli spazi della vita. Ecco, come nel 1984, il leader irpino descrive la strettoia tra impegno politico e affetti familiari in un’intervista per il programma Mixer di Giovanni Minoli.
“Ecco, parliamo di questi piccoli passi. Alla fine della sua relazione al Congresso DC sua figlia, lo hanno visto tutti in televisione, è corsa ad abbracciarlo. Sinceramente pensa di aver parlato anche a lei e ai giovani come lei?”
“La relazione non era un comizio o uno spettacolo, era un documento, ho fatto uno sforzo per dare un’idea complessiva della politica della Democrazia Cristiana”.
“Ecco, ma un giovane si può essere sentito toccato?”
“Penso di sì, può sembrare strano ma il massimo della simpatia la incontro tra i giovani”
“Ha quattro figli, sono tutti democristiani?”
“Non lo so, poi due son piccoli, i primi due solo da qualche mese seguono con più attenzioni, in realtà ho avuto l’ostilità quando mi sono candidato nelle scorse politiche, per ragioni affettive, temeva fossi meno presente a casa, il secondo per paura, era terrorizzato dal terrorismo, con gli incubi, se non tornavo a casa entrava in crisi. Mia moglie ha rispettato la mia decisione ed è stata di grande aiuto”
Però devo dire che io non ho l’idea dell’assenza di mio padre, io ho l’idea della presenza di mio padre, adesso io ho una mancanza che c’è il papà, andava a colazione a Bonn da Kohl, ma il pomeriggio stava da noi e dormiva a casa, mio padre dormiva sempre a casa, mangiava a casa con noi, anche perché non era mondano, odiava tutto ciò che era ostentazione, era consapevole di cosa voleva, di chi era, non gliene importava niente, alberghi, cinque stelle, cioè io non ho vissuto nel lusso, noi abbiamo vissuto bene per carità, non mi posso lamentare, però papà voleva i luoghi appartati, noi abbiamo vissuto al mare, uno dei posti preferiti era Scario. Scario è un posto, è un piccolo borgo, poi andavamo chiaramente fuori stagione, lui si alzava prestissimo la mattina, scendeva e col sole leggeva tutti i giornali, perché mio padre leggeva tutti i giornali, nel senso erano almeno dodici, quindici. C’è un aneddoto quando lui è Presidente del Consiglio: vanno non so dove in Alta Italia e dice la scorta dei carabinieri ”presidente, i giornali domani quali sono quelli che le servono?” e lui fa “tutti” e loro gli portano un pulmino con tutti i giornali dell ‘edicola.
Cerchiamo di capire un po’ meglio la dimensione più intima di De Mita, che tipo di padre era che rapporto aveva costruito con sua figlia?
Papà era super cattolico però ripeto era prima di tutto laico ma soprattutto era un genio, era molto geloso. Secondo me lui mi ha permesso di vivere la mia vita sentimentale che è stata fortemente influenzata da lui, ovviamente, perché queste persone, diciamo, cronaca di una morte annunciata, potremmo dire, ogni fidanzamento durava, durava però poi… E papà credo che molto intelligentemente non chiedeva, chiedeva chi è, come si chiama, cosa fa? Mangiavamo insieme, abbiamo vissuto tante cose insieme. Non ha mai dato un giudizio nel durante. E invece mi ha lasciato libera, talmente libera che alla fine, poi io li ho eliminati, strada facendo. E lui non giudicava mai. Se non quando succedevano delle cose tragiche, io andavo da lui a chiedere papà va che devo fare?” Mi ricordo quando mi lasciai con un mio primo fidanzato importante, dice “Antò, va bene così, acchiappala al volo questa cosa, sai che fai? Ti porto con me” e io ho girato tutta Italia con lui nei convegni”. Mi ricordo seduta, impietrita, tu pensa che dramma, è un miracolo che non mi drogo perché una che è stata portata per riprendersi dai drammi sentimentali a sentire Martinazzoli, tutti loro, voglio dire, Fanfani, Forlani, cioè dice “Morte civile”, invece vedi?
La politica per De Mita è una passione che non si spegne con la vecchiaia, continuò a esercitare una certa influenza sulla politica locale della Campania e le ultime soddisfazioni arrivano dal suo paese natale. Nel 2014, a 86 anni, decide di candidarsi a primo cittadino. Viene eletto Sindaco nel liste dell’Udc e poi confermato nel 2019.
A 86 anni, mio padre dice “Senti, Antonia, stavo pensando…” che dici se faccio il sindaco di Nusco?” Lì per lì io avrei urlato “No, ti prego, basta, fino a ora qua, no?” Hai sette nipoti, hai fatto una vita pazzesca, c ‘hai fatto vivere, appunto, queste montagne russe. Ora, basta! Poi mi sono detta, perché io devo scegliere, devo impedire a questo uomo una cosa che poi lui vuole fare.” Tant’è che fa tutto il primo mandato, lui dice “io se sto male o se succede qualcosa, mi sostituiscono.” Finisce il primo mandato e noi diciamo tutti bene. poi dice “Stavo pensando che io mi candido per la seconda volta”. Papà nella vecchiaia è diventato un uomo sempre più buono e mi hanno ricordato delle cose perché poi io ricordavo più la parte finale dove papà era di una dolcezza estrema poi con i nipoti e insomma quando si arrabbiava De Mita a piazza del Gesù tremavano le colonne, era un uomo molto forte, non puoi far politica senza carattere e invece alla fine era dolcissimo e quindi tutti quanti noi, figli e nipoti, abbiamo detto “Nonno, papà, sì, fallo la seconda volta, dai, se ti votano, noi stiamo qua”. E l’hanno rivotato un’altra volta. E ha fatto, credo, i primi due anni e dopo di che purtroppo inizia ad avere questa fragilità motoria e mi dice “Antonia, devo scegliere tra la testa e le gambe, perché ovviamente se mi operano come esco dalla sala operatoria alla mia età? E allora scelgo la testa e quindi inizia a farsi tutta una serie di infiltrazioni. Quindi io non saprò mai se è caduto e quindi si è rotto il femore o se il femore si è cristallizzato e quindi lui è caduto. L’ho visto entrare in ambulanza sorridente, poi c ‘è stato un calvario enorme di cui non vorrei parlare, ed è stato terribile, ed è stato anche meraviglioso. Perché abbiamo parlato tanto, entravamo tutti nel suo letto, l’abbiamo accarezzato, l’abbiamo abbracciato, tutti noi l ‘abbiamo proprio, abbiamo proprio avuto la necessità di stargli vicino, abbracciarlo, lui infatti ci guardava e sorrideva. E lui ha capito, a un certo punto, come l’ho capito io, come l ‘abbiamo capito tutti che non erano dieci giorni, come avevano detto, e poi usciva. Io credo che veramente papà nasca come politico, infatti per lui l’idea che gli dicevano “ma lei ormai ha un’età, insomma, è ora di lasciar perdere, no?” E lui diceva “ma scusate voi direste mai a un pittore di smettere di dipingere? E io perché dovrei smettere di essere me stesso fondamentalmente?” La cosa che diceva, ”io morirò suonando la mia chitarra” e infatti lui muore facendo il sindaco del suo paese. Papà oggettivamente non ha mai pensato al ruolo politico. Papà pensava alla politica.
L’animale politico Ciriaco De Mita si spegne a 94 anni circondato dalla sua famiglia. Certamente ha il merito di aver dato smalto e cuore a un partito che dopo l’assassinio di Moro era disorientato e di non avere mai perso la fiducia nell’attività della politica. Per alcuni analisti è stato l’ultimo grande intellettuale e politico, mosso da un tipo di passione civile che oggi non esiste quasi più, alla costante ricerca di un pensiero che tenesse aperta la strada ad una democrazia possibile.
Le figlie della Repubblica è una delle iniziative che trovate su fondazionedegasperi.org, grazie al contributo di Fondazione Cariplo e al sostegno dell’Istituto Gentili, nata da un’idea di Martina Bacigalupi e realizzata da WIP Italia. È stato raccontato da me, Alessandro Banfi, ed è stato scritto e diretto da Emmanuel Exitu. Con la supervisione storica di Antonio Bonatesta e la collaborazione degli amici giovani della Fondazione De Gasperi nelle persone di Martina Bartocci, Iacopo Bulgarini, Miriana Fazzi, Federico Andrea Perinetti, Gaia Proietti, Luca Rosati, Sound Design di Valeria Cocuzza, registrazione in studio di Marco Gandolfo, per una produzione WIP Italia.