di Corrado Occhipinti Confalonieri, pubblicato su “Maria con Te” – Dicembre 2020
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In occasione dell’uscita del libro di Alcide De Gasperi (1881-1954) “La vita di Gesù narrata alla figlia Maria Romana” (Morcelliana, 2020) abbiamo incontrato l’erede dello statista democristiano per conoscere un aspetto poco noto del padre: la profonda devozione verso la Madonna.
De Gasperi e la moglie Francesca avvicinarono alla fede le quattro figlie, la secondogenita Lucia divenne suora. Maria Romana (classe 1924), dalla memoria lucidissima, è dotata anche di uno spirito arguto. Nello scrivere la prima biografa del padre, non citò i nomi dei politici ma solo la carica ricoperta per ricordare un insegnamento ricevuto da lui: il politico è al servizio dello Stato, quando termina l’incarico, torna a essere un semplice cittadino.
«La mamma mi aveva detto che era in viaggio di lavoro, invece era stato imprigionato dai fascisti. Portava sempre con sé un’effigie della Vergine dentro una piccola custodia d’argento. Nel 1946, prima di parlare con i rappresentanti dei Paesi alleati a Parigi, entrò in Nôtre-Dame e invocò Maria. I nostri pellegrinaggi al santuario di Pinè e il libro nato dall’album che mi preparò per il Natale del 1927»
In che epoca suo padre Alcide le realizzò l’album sulla vita di Gesù?
“Nel 1927 mio padre si trovava a Roma in prigione per le sue idee antifasciste e non mi poteva regalare nulla per il Santo Natale. Non si sa come, gli capitò fra le mani una copia del National Geographic dei primi del ’900 che conteneva un reportage su Nazaret. Decise allora di ritagliare le fotografe e di spiegarmi la vita di Gesù con delle didascalie a commento delle immagini. All’epoca avevo solo quattro anni e non capivo le parole: me le leggeva mamma Francesca”.
Per quale motivo le fece un regalo così “da grande”?
“Lui voleva darmi la possibilità d’immaginare Gesù. Il libro contiene le foto dei luoghi in cui Cristo abitò con Maria e Giuseppe, vediamo i pastori, le pecore, ma non c’è nessuna immagine del Redentore. Siamo abituati a immaginare Gesù biondo, vestito di bianco, in realtà con questo album tutti lo possiamo immaginare come lo abbiamo nel cuore, magari con la pelle scura, con addosso abiti grigi o marroni. Per mio padre Alcide l’importante era la semplicità nel raccontare solo cose vere fino a quando da grande le avrei potute vedere e valutare”.
Come fece Francesco d’Assisi nel presepe di Greccio: non volle figuranti, ma solo il bue e l’asino e una mangiatoia vuota perché diceva che il presepe è custodito nel cuore di ciascuno di noi. Qual è l’immagine del libro cui è più affezionata?
“Senz’altro quella della fontana: quando venne scattata la foto era l’unica presente a Nazaret, così come lo era all’epoca di Maria. Mi emoziona immaginare la Vergine che tenendo per mano Gesù bambino, si reca a prendere l’acqua da quella sorgente”.
Suo padre amava la Madre Celeste?
“Si era affidato a lei, dalla prigione mi scriveva: “Mia cara Pupi, sii brava e prega tanto la Madonna per il tuo povero papà”. Io non sapevo che fosse incarcerato, mia mamma mi aveva detto che era in viaggio per lavoro. Terminata la prigionia, portava sempre me e le mie sorelle Lucia, Cecilia e Paola in pellegrinaggio dalla Madonna di Pinè».
Dove si trova questo santuario?
“Sorge in un bosco della media Valsugana, qui dal 1729 per cinque volte la Vergine apparve a una pastorella, Domenica Targa”.
Suo padre Alcide era legato a un’immagine in particolare della Madonna?
“Sì, teneva sempre con sé un piccolo portadocumenti argentato con all’interno l’immagine della Vergine. Ricordo che quando cambiava abito lo trasferiva subito di tasca, non usciva mai di casa senza”.
Recitavate con vostro padre il Rosario?
“Ricordo che lo facevamo per Pasqua, poi pregava per conto suo”.
Che cosa provava verso la Vergine?
“Si rivolgeva a lei quotidianamente, anche nei momenti difficili. Quando il 10 agosto 1946 si recò alla Conferenza di Parigi per tenere davanti agli alleati vincitori della guerra il discorso a sostegno della causa italiana, prima dell’incontro entrò nella basilica di Nôtre-Dame a pregare la Vergine. All’uscita mi disse: “Ecco, ora mi sento più tranquillo”. Quel giorno c’era freddezza da parte degli alleati. Al termine del suo intervento, solo il rappresentante americano gli strinse lamano, ma da quel gesto mio padre capì che era l’inizio della rinascita per la nostra Patria”.
Suo padre era devoto a un santuario mariano in particolare?
“A quello della Vergine di Loreto. Il 29 febbraio 1948, alla vigilia dell’importante tornata elettorale del 18 aprile di quell’anno, si recò da lei”.
Ricorda quel giorno?
“Mio padre proveniva da Ancona, aveva tenuto un importante discorso davanti a 80 mila persone. Giunto a Loreto in auto, entrò in Santa Casa, si mise in ginocchio e si raccolse in preghiera. Dopo aver visitato la basilica, uscì sul sagrato. Ad attenderlo c’erano migliaia di persone e improvvisò un discorso. Ad aprile vinse le elezioni: quando seppe della vittoria, commentò: “Mi aspettavo una pioggia di voti, non una grandinata”. Il trionfo delle forze democratiche contro quelle di ispirazione totalitaria garantì a mio padre quel consenso necessario che portò poi al boom economico”.
Anche sua madre Francesca era devota alla Madonna di Loreto?
“Sì, ormai vedova, il 24 maggio 1959 visitò il santuario in occasione del convegno “Le lavoratrici della Santa Casa”: io non potei parteciparvi perché impegnata con i miei due figli ancora piccoli”.