La grande differenza di pensiero, nonché le diverse convinzioni in antitesi, non impedirono ad Alcide De Gasperi e Altiero Spinelli di condividere il comune sogno europeista. Si potrebbe osservare come, nonostante la notevole distanza che separa i due personaggi, si sia creata una sintonia, in particolare, attorno a tre questioni concernenti il progetto di uno stato europeo.
La prima attiene al “tipo” di europeismo. Entrambi imboccarono infatti con convinzione la soluzione propriamente federalista, nella consapevolezza che fosse distinta dalla strada funzionalista e da quella confederale, restia ad accettare effettive limitazioni di sovranità nazionale in favore di istituzioni sopranazionali.
Il punto non fu di carattere teorico. Si trattava di considerare la costruzione europea come un effettivo processo di devoluzione di competenze statali alle istituzioni federali. Non bastavano istituzioni europee in cui ogni Paese trovasse la sua rappresentanza attraverso i propri governanti, ma di istituzioni europee tendenzialmente indipendenti dagli Stati. Il principio federalista richiedeva infatti la creazione di un’autorità politica svincolata dagli interessi dei singoli Stati, che andasse oltre la mera cooperazione e fosse autenticamente sopranazionale.
La seconda attiene alla democrazia. De Gasperi e Spinelli si trovarono infatti all’unisono non solo sul federalismo in senso autenticamente inteso, ma anche su di un aspetto non marginale, attinente alla rappresentatività delle istituzioni europee, ossia alla loro reale democraticità. Per entrambi, infatti, l’Europa avrebbe dovuto unire e rendere interdipendenti non solo i governi, ma anche i popoli. Gli stessi cittadini europei avrebbero dovuto consapevolmente partecipare a questa integrazione, attraverso il voto e attraverso istituzioni giuridiche federali che rendessero possibile la rappresentanza popolare, come il Parlamento europeo. I due padri fondatori avevano chiaro come l’unione europea dovesse essere un’opera realizzata dagli stessi popoli europei e non dalle varie agenzie specializzate, dalle diplomazie o da efficienti burocrazie sopranazionali.
La terza questione concerne la prospettiva sociale. Il federalismo di De Gasperi e Spinelli significava anche giustizia ed equità nelle relazioni fra i soggetti del nuovo ordinamento europeo. La fine del dogma della sovranità statale doveva infatti significare un cambiamento nelle relazioni economiche e nei rapporti di lavoro, e quindi un miglioramento delle condizioni di povertà e di disoccupazione del dopoguerra. L’Europa federale significava per loro una società più umana, tollerante, giusta e politicamente libera. L’aspetto della giustizia sociale fu dunque un ulteriore elemento di unione, sebbene fossero molto differenti i fondamenti dottrinali ed etici su cui si basava.De Gasperi si ispirava infatti alla dottrina sociale cristiana e ai suoi principi di dignità della persona, di solidarietà, sussidiarietà e bene comune. D’altra parte era altresì certo che la condizione di base per una convivenza pacifica passasse attraverso l’armonizzazione delle diverse correnti di pensiero. E che pertanto tutte – sia il liberalismo, sia il socialismo, sia il cristianesimo – fossero indispensabili per cementificare l’unione del continente. In uno dei suoi ultimi discorsi tenne a ribadire come l’essenza dell’internazionalismo fosse la sintesi storica di fattori ideologici diversi, ognuno dei quali arreca elementi giuridici, sociali e spirituali atti a promuovere l’unità e la pacifica collaborazione delle genti.