A trent’anni di distanza abbiamo il compito di ricordare e fare nostro quel desiderio prorompente di pace e sviluppo che portò alla caduta del muro di Berlino, con lo scopo di abbattere i muri innalzati nella società contemporanea.
In questi giorni, nel 1989, tutto il mondo si fermò ad assistere al crollo del muro di Berlino, che divise in due, fin dal 1961, la città tedesca e l’intera Germania. La data ufficiale è quella del 9 novembre, giorno in cui, a seguito di un errore del portavoce socialista Guenther Schabowski in una conferenza stampa internazionale, venne di fatto annunciato che, a partire da quel momento, i tedeschi dell’est avrebbero potuto viaggiare e spostarsi all’estero (e in Occidente) senza bisogno di particolari procedure o motivazioni.
Quella stessa sera centinaia di migliaia di persone della Germania dell’Est, inondarono i checkpoint del muro riuscendo a passare da una parte all’altra, anche perché le guardie non avevano ricevuto ordini e tra di loro prevalse il buon senso di lasciar passare le persone senza aprire il fuoco. La popolazione tedesca, desiderosa di libertà e democrazia, distrusse il muro che per quasi trent’anni l’aveva pesantemente limitata. Fu la fine della Guerra Fredda, dei blocchi contrapposti, dell’Unione Sovietica che piano piano si sfaldò anche grazie alla rivalsa dei popoli dell’Europa dell’est.
Quel giorno di trent’anni fa è giustamente ricordato come uno dei momenti storici per eccellenza di tutto il cosiddetto secolo breve. Nel giro di pochi mesi la divisione tra l’est e l’ovest del mondo veniva meno e l’Europa stessa riabbracciava una parte di essa, il processo di crescita dell’Unione Europea poteva quindi riprendere. Quel muro, oltre a ciò che è già stato detto, era considerato inoltre una delle eredità più gravi che aveva lasciato il secondo conflitto mondiale; abbattendolo le ideologie dominanti in tutto il ‘900 furono demolite, anche se non del tutto cancellate come possiamo notare tristemente oggi.
I vescovi europei della Comece (la Commissione delle Conferenze Episcopali d’Europa) evidenziano come la caduta del Muro sia non solo un evento storico da celebrare ma una grande lezione per tutta l’umanità: la costruzione di barriere fisiche non è mai una soluzione. In tempi in cui i nazionalismi rifioriscono bisogna ricordarsi di come il progetto dell’Ue sia pacifico e volto alla libertà, tramite dialogo e cooperazione.
Anche se innegabilmente non tutte le aspettative furono pienamente soddisfatte, il crollo del muro di Berlino permise all’Europa di diventare più forte e libera, visto che fu uno spartiacque importantissimo per molti paesi dell’est. Per questo non bisogna permettere che nuovi muri vengano costruiti o consolidati in tutto il mondo, specialmente in Europa. Gli esempi lampanti sono i muri che dividono quartieri o aree cittadine in Irlanda del Nord, o i muri che tentano di arginare forzatamente i flussi migratori in Ungheria o al confine tra Stati Uniti e Messico.
Ma le barriere che sorgono oggi non sono solamente fisiche: si parla infatti simbolicamente di veri e propri muri economici, sociali, culturali, i quali non fanno altro che acuire le divisioni tra intere popolazioni. Crescono nuovi focolai di populismi e di estremismi che, incanalati spesso da politiche di odio e di paura, danneggiano e ostacolano l’Ue dall’interno.
Oggi, come il 9 novembre del 1989, bisogna far sì che a trionfare siano la libertà e la democrazia, contrastando la rinascita di barriere simboliche e fisiche, che mirano alla caduta di quel mondo creatosi a seguito del crollo del muro di Berlino.
Luca Sebastiani