Dopo una campagna elettorale spesso dai tratti eccessivi e talvolta caricaturali, molti in questi giorni cercano di abbozzare i primi tentativi di risposta ad un grande e fondamentale quesito. Con un gioco di parole: Trump farà davvero Trump durante la sua Presidenza?
Una domanda non da poco visto il peso che ha avuto l’America nella storia recente grazie al suo ruolo di “poliziotto internazionale” lungo tutto il secondo dopoguerra e considerati il numero di squilibri e di conflitti sorti nel mondo negli ultimi anni, per molti proprio come conseguenza del recedere degli USA da questo ruolo durante l’era Clinton/Obama.
Ambito più volte toccato del neo Presidente è stato proprio quello relativo alle organizzazioni internazionali ed i rapporti esteri degli Stati Uniti d’America. Ha avuto grande effetto il tweet sull’ONU, liquidata come “un club di chiacchiere” dopo la storica astensione degli USA sulla risoluzione di condanna degli insediamenti di Israele in Cisgiordania. Ripresi da quasi tutti i giornali, gli attacchi di Trump alla NATO (definita “obsoleta” perché “non si occupa di terrorismo”, nonostante per lui sia “ancora molto importante”) hanno suscitato le pronte reazioni del mondo politico internazionale.
Ma le cose stanno veramente così?
La scelta del neo presidente di nominare l’ex generale James “Mad Dog“ Mattis come Segretario alla Difesa (Capo del Pentagono) fa pensare che le cose stiano diversamente, ed è stata interpretata come una sorta di “rassicurazione” agli alleati. Già comandante dello United States Central Command (succedendo a David Petraeus nel 2010) e dell’Allied Command Trasformation della NATO, struttura incaricata alla formazione, alla pianificazione, all’evoluzione ed alla programmazione dell’alleanza atlantica, Mattis nel corso della sua audizione alla Commissione delle Forze Armate del Senato dello scorso 12 Gennaio, si è schierato nettamente a favore dell’Alleanza Atlantica, definendo la NATO “l’alleanza militare di maggior successo nella storia moderna, forse di sempre” e la Russia, a causa delle scelte del Cremlino, come “avversario strategico in aree fondamentali”.
Altra nomina che si sta rivelando, al momento, meno di rottura (anche se dai tratti forse più controversi) rispetto a quanto stimato dagli osservatori è quella del Segretario di Stato Rex Tillerson. Ex amministratore delegato della compagnia petrolifera ExxonMobile (discendente della Standard Oil), è da sempre considerato vicino alla Russia e da praticamente tutti viene ritenuto come la diretta conferma dell’obiettivo della futura amministrazione di giungere ad una “normalizzazione dei rapporti” con la Russia, nonostante gli altrettanto profondi legami del neo ministro con il potere americano. Tuttavia, durante le audizioni presso il Senato per la ratifica della sua nomina, Tillerson ha mostrato un’agenda meno distesa verso il Cremlino, rassicurando al tempo stesso gli alleati dichiarando l’articolo 5 del Patto Atlantico come “inviolable”.
È rimasto deluso, invece, chi si aspettava qualche rassicurazione il 20 Gennaio, durante l’inauguration day. Il discorso di insediamento, dai tratti quasi elettorali, ha consegnato al mondo un messaggio molto chiaro, anche se ancora indecifrabile in ordine alla reale intensità ed ai concreti mezzi con i quali verrà perseguito: “Da questo momento in avanti, verrà “Prima l’America”. Ogni decisione sul mercato, le tasse, l’immigrazione o gli affari esteri, verrò presa al fine di ottenere a beneficio dei lavoratori e delle famiglie americane”. Proseguendo poi: “Rinforzeremo le vecchie alleanze e ne formeremo di nuove – unendo il mondo civilizzato contro il Terrorismo Islamico Radicale, che cancelleremo completamente dalla faccia della Terra”.
Continuando la serata, un pensiero è stato poi dedicato da Trump ai soldati impegnati in Afghanistan, che hanno ricevuto una videochiamata da parte del neo Presidente durante la cerimonia del “Salute to Our Armed Services Ball”. I soldati, schierati in una regione ancora profondamente instabile che è stata oggetto anche di recenti particolari dichiarazioni ed importanti impegni da parte delle istituzioni NATO, hanno ricevuto il sostegno del Presidente Trump che ha esclamato: “Sono con Voi!”.
Considerando la Presidenza nel suo complesso, dietro la retorica meramente politica – a ben sperare – potrebbero esservi delle esigenze del nuovo Presidente ben più pratiche di quelle raccontate dalla propaganda politica: la ferma volontà che gli alleati aumentino la loro spesa militare interna, contribuendo maggiormente ai grandi costi dell’alleanza militare. Messaggio in continuità con quanto già richiesto dall’amministrazione precedente, a causa di un impegno economico che vede al momento largamente protagonista l’America con un 70%, con l’Europa ferma al 19% del bilancio. Altro obiettivo del 45° Presidente potrebbe essere quello di pervenire ad una “maggiore libertà” nella gestione dei rapporti con i nuovi player emergenti sullo scacchiere geopolitico, prescindendo dalle necessità contingenti degli alleati e dalla loro protezione, e costringendoli ad una loro “emancipazione” soprattutto sugli scenari regionali, qui in parziale contrasto con il passato.
Ed è soprattutto sul tema dell’evoluzione dell’Alleanza Atlantica che si è concentrato il dibattito politico europeo, diviso tra chi ha auspicato una dissoluzione dell’organizzazione regionale probabilmente più importante della storia e chi, invece, ritiene questo scenario come prospero per una qualche forma di evoluzione dell’alleanza, nonostante le evidenti difficoltà tecniche. Convergenze e temperamenti delle reciproche esigenze potrebbero trovarsi in seno alla UE, altra vittima degli attacchi di Trump, nell’improbabile caso che i governi degli stati membri riescano, nel corso dei prossimi anni, a trovare una qualche forma di unità di intenti in tema di difesa comune e di geopolitica unitaria. Questione da sempre molto delicata e bisognosa di una forte coesione politica che, considerate le condizioni attuali, resta molto lontana.
Questioni che, in parte, erano però già state affrontate da tutte le parti in gioco lo scorso Luglio a Varsavia e che erano sfociate in una dichiarazione congiunta NATO/UE nella quale una maggiore integrazione nei rapporti tra stati membri dell’UE ed istituzioni NATO veniva giudicata necessaria per affrontare “una serie di sfide senza precedenti” tipiche del tempo presente.
In questi giorni, intanto, il Segretario Generale Stoltenberg si è congratulato con il nuovo Presidente, dichiarando di essere pronto a “lavorare vicino al Presidente Trump per rinforzare la nostra Alleanza” al fine di garantire una risposta alle sfide in continua evoluzione, “incluso il terrorismo, con una più equa ripartizione degli oneri tra gli Alleati”, e di essere assolutamente sicuro che gli Stati Uniti resteranno “fortemente impegnati” nella NATO.
Valerio Gentili