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19 Gennaio 2017

GUANTANAMO: L’AMMINISTRAZIONE OBAMA TRA LUCI E OMBRE

Il campo di prigionia di Guantanamo è una struttura di detenzione statunitense, organizzata sulla base dei più elevati modelli di sicurezza interna, ubicata all’interno della base navale di “Gitmo”, acronimo di Guantanamo, sull’isola di Cuba. Il Governo degli Stati Uniti, successivamente agli attentati terroristici dell’11 Settembre 2001, decise di edificare questo campo di prigionia per la detenzione dei prigionieri, in massima parte composti da cittadini afghani, ritenuti responsabili della summenzionata attività terroristica.

La chiusura di questo istituto detentivo, all’interno del quale – secondo una sentenza del 29 Giugno 2006 della Corte Suprema degli Stati Uniti – erano state commesse palesi violazioni del Codice di Giustizia Militare degli Stati Uniti per le modalità di detenzione dei detenuti, era stato uno dei perni fondamentali della campagna elettorale del 2008 del futuro presidente Barack Obama. Il 22 gennaio del 2009, nel suo secondo giorno di Governo, il neoeletto presidente firmò un ordine esecutivo presidenziale che impose l’ordine di smantellamento del carcere, non della base militare navale, entro la fine dell’anno.

Il partito repubblicano si pose in netta contrapposizione rispetto ai nuovi provvedimenti proposti relativamente all’Affordable Care Act ed alla riduzione dell’intervento militare in Iraq ed in Afghanistan. Questo durissimo “Aventino” del partito di opposizione determinò, anche sulla base delle previsioni nefaste per gli ingentissimi costi di gestione per la chiusura del campo, il voto contrario del Senato, che con 80 voti sfavorevoli e 6 favorevoli respinse il progetto per definire la fine del carcere di Gitmo.

Nel dicembre del 2015, dopo aver definitivamente accantonato l’idea del completo disfacimento del campo di detenzione, il presidente Obama aveva accarezzato l’idea di trasferire le 55 persone presenti all’interno della struttura cubana, nella base di Fort Leavenworth in Kansas. Le esigenze di natura economica, sommate a quelle di public national security enfatizzate dal famoso aforisma del partito repubblicano “non si può chiudere una prigione che protegge la sicurezza nazionale”, ancora una volta hanno procrastinato la chiusura della prigione della base navale di Cuba.

Al momento dell’insediamento del presidente Obama i detenuti erano 242, attualmente sono 55, mentre se la nuova amministrazione dovesse dare il suo placet al nullaosta per ulteriori 19 detenuti ne potrebbero rimanere unicamente 36. D’altro canto nonostante il fatto che durante la campagna elettorale del 2008 l’ex candidato avesse pubblicamente biasimato l’operato delle commissioni militari, nella riforma presentata nel 2009 contenuta all’interno del “Military Commission Act” non sarebbero stati introdotti correttivi sostanziali contro il reato di tortura. Questa tecnica militare per ottenere informazioni, seconda la difesa degli avvocati dei detenuti di Gitmo, sarebbe diventata un parametro di condotta standard all’interno della celeberrima prigione. Inoltre il mutamento dello status giuridico-fattuale dei reclusi da semplici detainees, elaborato dall’amministrazione Bush, a quello di “belligeranti irregolari” non avrebbe comportato un effettivo e sostanziale miglioramento dei diritti di difesa dei detenuti, i quali non sono minimamente paragonabili a quelli garantiti dai 4 protocolli addizionali del 1977 alla Convenzione di Ginevra stipulata nel 1949.

La prossima amministrazione repubblicana dovrà esprimersi sulla sua chiusura definitiva, oppure implementare nuovamente questa struttura controversa, la quale ha ispirato una gigantesca “letteratura” di dissenso.

Gabriele Mele


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