Sarà François Fillon il candidato per la presidenza della Repubblica del partito nazional-popolare francese, “Les Républicains”. L’elettorato moderato francese ha scelto lui come avversario di Marine Le Pen, leader indiscussa del “Front National”, per le elezioni presidenziali che si terranno nella primavera del 2017. Saranno loro a contendersi con ogni probabilità la corsa per l’Eliseo, se si considera la totale assenza di candidati credibili nel partito socialista e la presidenza disastrosa di Hollande, tra le più impopolari della storia della Quinta Repubblica francese.
Fillon ha vinto nettamente le primarie del partito, surclassando avversari molto più quotati -almeno per i sondaggisti- come Alain Juppé, il delfino di Chirac negli anni ’90, e l’ex Presidente della Repubblica Nicolas Sarkozy. Con la débâcle di Sarkozy forse si chiude un’epoca tra le fila dell’ ex partito gollista, tuttavia queste votazioni ci consegnano un nuovo leader come Fillon, che altro non è che una creatura politica dello stesso Sarkozy.
Primo ministro sotto la presidenza di Sarkozy (2007-2012), Fillon poco alla volta si è allontanato dal sarkozysmo, si è fatto largo tra le correnti e ha messo in un angolo la leadership del partito capeggiata dell’ex-presidente del partito Jean-François Copé. Intanto il partito nel 2015 aveva cambiato il proprio nome da “Unione per un movimento popolare” a quello di “I Repubblicani”. E Fillon in questa svolta si è inserito perfettamente, riportando di fatto in auge l’eredità politica e storica del repubblicanesimo di de Gaulle.
Con Fillon la figura del “Generale” non soltanto viene ripescata dai libri di storia, ma torna ad essere al centro del dibattito politico, soprattutto nel confronto tra la Francia e gli altri Stati europei. Il taglio della spesa pubblica, la razionalizzazione degli interventi pubblici, la riorganizzazione della pubblica amministrazione, il recupero di un rapporto dialettico con l’Unione Europea e il rifiuto di acquiescenza alle sue politiche rappresentano il programma elettorale di un politico del quale tutto si può dire tranne che non sia un liberal-conservatore dall’indole nazionalista in continuità con la lezione del Generale, modernizzata e nei toni adeguata ai tempi.
Qui la domanda sorge spontanea: con un’ipotetica presidenza di Fillon tornerebbe in voga l’espressione di de Gaulle “Europa delle patrie”, quindi l’idea di un’Europa confederale? Questa suggestione potrebbe mettere in crisi Marine Le Pen, che è stata la paladina del nazionalismo francese negli ultimi 5 anni mostrando una conclamata diffidenza e ostilità nei confronti di Bruxelles.
Questa retorica potrebbe pagarla a caro prezzo durante il ballottaggio per le presidenziali, che la vedrà quasi sicuramente impegnata ad affrontare Fillon. Quest’ultimo avrebbe la strada spianata conquistando anche i voti di buona parte della sinistra moderata, a differenza di quanto potrebbe accadere in Austria domenica prossima, dove un candidato anonimo e indecifrabile come Alexander Van der Bellen avrà un agguerrito e folcloristico avversario come il nazionalista Norbert Hofer.
Forse l’esempio di François Fillon potrebbe fare scuola e tornare utile a molti partiti europei.
Gian Marco Sperelli